Dieta in rsa oltre gli schemi: il piacere come strumento di cura

Molti studi e ricerche hanno spesso messo in luce i benefici della dieta mediterranea facendo il controcanto ad una cultura alimentare del bel Paese particolarmente apprezzabile soprattutto nei confronti dei nostri prodotti.

Neurology del 12 ottobre pubblica un lavoro recuperabile anche su PubMed che, a differenza di altri precedenti, indica che una dieta salutare, compresa quella mediterranea, non esercita alcun effetto positivo sul rischio di demenza.

È un contributo metodologicamente fondato, che mette in discussione tante affermazioni della letteratura; ancora una volta, si ripropone l’interrogativo su quali siano i fattori che realmente permettono di prevenire le demenze, presi singolarmente o tra loro riuniti in cluster.

Un certo campanilismo geografico ci porta ad essere scontenti di questo studio, ancor meno positiva è l’idea di non essere così tutelati dalle nostre abitudini alimentari.

Esiste, tuttavia un rapporto stretto tra alimentazione ed alcune tipologie di demenze ed in particolare quelle su base vascolare a conferma che non è altrettanto vero che si può mangiare in maniera sconsiderata tutto ciò che si vuole.

Le nostre tradizioni alimentari parlano di un sacco di prodotti e di ricette che tutto sembrano fuorché indicate a diete equilibrate e sane. Antipasti, primi piatti, secondi e dolci, la tradizione italiana è anche costituita da centinaia di proposte ipercaloriche, iperlipidiche, ipercolesteroliche e via dicendo.

Secondo una lettura trasversale dei dati riportati nello studio si può pertanto ipotizzare che l’alimentazione possa essere la più varia possibile, cercando equilibrio tra una dieta sana ma senza rinunciare alla possibilità di consumare anche quei prodotti e quelle ricette che fanno parte della nostra cultura e sub cultura alimentare dieteticamente meno apprezzabili.

Perché questo assunto diventa interessante? Perché mette sotto la lente di ingrandimento certe considerazioni di dietisti che inciterebbero a diete ipersalutistiche anche nei contesti come Rsa o Rsd a tutti i costi. Qualora le condizioni di salute obblighino ad una dieta specifica nulla da dire, ma sul fatto che all’interno dei contesti Residenziali e semiresidenziali che si occupano di anziani ed anziani con demenza si possa proporre cibi anche “sostanziosi” o poco “diet” che però fanno parte della cultura del territorio questo può diventare un obiettivo presente e futuro.

Ovviamente questo potrebbe comportare obiezioni relativamente ai costi di tali proposte, ed è altrettanto oggettivo che finché non ce ne sia il bisogno il “togliersi uno sfizio” ogni tanto è qualcosa che si fa spesso e che dovrebbe essere permesso/previsto anche per chi è ospite dei nostri Servizi. E qualora lo fosse la medesima possibilità ed il medesimo diritto va esteso anche a chi necessita di cambiamenti della consistenza dei cibi come chi è disfagico.

Ciascuno per le proprie provenienze e tradizioni può essere accudito e coccolato anche con piatto del cuore o del suo passato particolarmente gradito e deve poterlo gustare anche se con difficoltà nella deglutizione.

Un certo equilibrio alimentare ed un bilanciamento tra nutrienti è sempre consigliato, ma lo studio citato in precedenza ci sottolinea l’importanza di non clusterizzarci eccessivamente in alcune convinzioni che rischiano di precludere e precluderci alcune possibilità di provare piacere anche in età avanzata, in condizioni di declino cognitivo, o ancor peggio in presenza di disfagia.

È dunque importante integrare l’approccio e la cultura dietetica con un approccio olistico, un approccio geriatrico, che prende in considerazione il piacere, il gusto, la memoria alimentare come strumenti di cura e considera “salutare” permettere all’anziano e fragile qualche peccato di gola. Anche e soprattutto quando soffre di disfagia.

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