La malnutrizione in ambito ospedaliero
Con il termine malnutrizione nel linguaggio quotidiano si intende generalmente la mancanza di cibo che affligge soprattutto alcune popolazioni a causa della povertà. È perciò particolare, per un orecchio non allenato al linguaggio medico, sentir parlare di malnutrizione in ambito ospedaliero. In realtà, la definizione medica di malnutrizione è più vasta:
“Per malnutrizione si intende una condizione di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismo, conseguente allo squilibrio tra fabbisogni, introiti e utilizzazione dei nutrienti, tale da comportare un eccesso di morbilità e mortalità e/o un’alterazione della qualità di vita”.
La malnutrizione può essere quindi sia per eccesso che per difetto: entrambe le situazioni sono accomunate da un potenziale aumento di patologie. Questo è ancor più vero quando il soggetto malnutrito è un paziente ospedaliero: la maggior vulnerabilità legata all’alterazione dell’equilibrio nutritivo, in questo caso, può condizionare i risultati delle terapie, aumentare le complicanze, aumentare le degenze.
La malnutrizione per difetto spesso non è causata da un unico fattore, ma da carenze nutrizionali multiple, determinate ad esempio da problemi di masticazione, deglutizione, digestione, assorbimento, alterato metabolismo, perdita di nutrienti o aumento dei fabbisogni.
In un’alta percentuale di pazienti la malnutrizione è riscontrabile già al momento del ricovero: la letteratura scientifica riporta percentuali che, in Europa, vanno dal 10% all’80% (in media il 35%) tra i nuovi ammessi in ospedale. Nella maggioranza dei casi, va aggravandosi durante la degenza ospedaliera.
Categorie a rischio e fattori
Tra le categorie maggiormente a rischio vi sono gli anziani, i pazienti oncologici, chirurgici, con insufficienza d’organo e neurologici. Gli over 80 ricoverati hanno una probabilità 5 volte superiore di sviluppare la malnutrizione rispetto a pazienti di età inferiore a 50 anni e presentano minore risposta al trattamento della malnutrizione stessa.
Questi i fattori che concorrono all’insorgere della malnutrizione ospedaliera:
– patologia di base e sue complicanze
– immobilizzazione a letto
– mancata registrazione di peso e statura all’ammissione in reparto
– mancato monitoraggio del peso durante il ricovero
– eccessivi prelievi ematici nosocomiali, anemia
– vitto ospedaliero poco gradevole
– scarsa attenzione all’alimentazione spontanea
– frequenti digiuni correlati a procedure diagnostiche e/o terapeutiche
– mancato riconoscimento di aumentato fabbisogno energetico (febbre, sepsi, ustioni, interventi chirurgici, ecc.)
– mancato riconoscimento di aumentate perdite di nutrienti (fistole, vomito, malassorbimento, proteinurie, ecc.)
– uso prolungato di perfusioni parenterali gluco-saline o alimentazione artificiale ipocalorica protratta
– scarsa conoscenza della composizione dei prodotti nutrizionali
– ritardo dell’inizio della somministrazione di supporti nutrizionali
– scarse conoscenze nutrizionali del personale sanitario
– cause iatrogene: chemio-radioterapia, chirurgia maggiore ecc.
Gli studi sull’incidenza della malnutrizione
Ancora oggi e anche in Italia la malnutrizione è un fenomeno ricorrente tra i pazienti al momento del ricovero, con un aggravio durante la degenza ospedaliera.
I primi dati nazionali relativi all’incidenza sono apparsi nel 1994 grazie a una ricerca che ha coinvolto 10 Unità Operative di Dietetica e Nutrizione clinica. A questi nel 1999 si aggiunsero i dati raccolti dalla rete dei Servizi di Dietetica e Nutrizione clinica del Piemonte. L’incidenza della malnutrizione era attestata tra il 22% e il 35% ed era sempre registrato un peggioramento al termine della degenza.
Il Comitato dei Ministri della Sanità del Consiglio d’Europa nel 2002 si era occupato della questione, emanando una Risoluzione, teoricamente vincolante per i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, dal titolo “Food and nutritional care in hospital”, che esaminava il problema della malnutrizione in Europa e le strategie finalizzate ad affrontarlo.
In seguito, lo studio PIMAI (Project Iatrogenic MAlnutrition in Italy), terminato nel settembre 2005, ha coinvolto 13 strutture ospedaliere in 13 Regioni e 1.830 soggetti: era emerso la presenza tra i degenti di un tasso di malnutriti pari al 31%, che conferma ulteriormente la disattenzione nei confronti del problema.
Un altro aspetto fondamentale riscontrato è che il vitto ospedaliero è il parametro maggiormente percepito dal paziente ricoverato: i degenti ritengono che il cibo che viene loro fornito sia mirato alla patologia di cui soffrono e tendono a continuare a domicilio quanto vissuto in ospedale.
Questo a ribadire che la qualità del vitto è un aspetto fondamentale del ricovero ospedaliero e un importante ausilio a complemento delle terapie.
Per i pazienti delle strutture sanitarie, il pasto rappresenta un momento importante della giornata: è perciò fondamentale che sia soddisfacente, anche laddove si presentino problematiche come la disfagia o altre fragilità alimentari. Un’alimentazione scorretta potrebbe minare il recupero fisico del paziente; oppure pasti non apprezzati possono invece incidere sull’umore e quindi influenzare in maniera negativa la percezione della presenza nella struttura sanitaria. La proposta alimentare per chi soffre di fragilità alimentari deve quindi essere adeguata, varia, stimolante e non può essere rappresentata da un “pappone” privo di valore gastronomico e organolettico, che trasforma il gusto e il piacere del mangiare in un’operazione meccanica e frustrante.
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