L’alimentazione nel paziente affetto da Wandering.

Per “wandering” si intende un comportamento di vagabondaggio che può comparire nei pazienti con demenza (soprattutto di tipo Alzheimer, frontale e fronto-temporale). Tale evidenza non va confusa con un tentativo di fuga, bensì un bisogno difficilmente controllabile di movimento. Il moto di tali pazienti è perpetuo ed afinalistico, cioè non ha un obiettivo da raggiungere, né sarà appagato/appagabile al punto da interromperlo per tempi lunghi. Nelle realtà comunitarie geriatriche, l’ospite di questo tipo rappresenta un carico assistenziale importante per il reparto, secondario al rischio caduta nel soggetto deambulante, al fattore di disturbo verso la collettività, nonché agli eventi avversi di scontro, manipolazione di dispositivi medicali, allontanamento e sicurezza di sé e degli altri degenti

Questo comportamento può essere esacerbato da cambiamenti nell’ambiente circostante, come rumori, variazioni di luce o sovraffollamento, che aumentano il disorientamento e l’irrequietezza del paziente. In assenza di interventi mirati, il wandering rischia di compromettere ulteriormente il benessere del paziente, aumentando lo stress sia per lui che per il personale sanitario.

È dunque indispensabile ed urgente conoscere a fondo tale manifestazione, e soprattutto le terapie non farmacologiche applicate alla demenza che permettano un agile consumo del pasto (dal paziente rinunciato e subordinato al moto stesso), la sospensione grazie a strutturati stimoli, e la prevenzione dei rischi clinici altresì non compensabili, se non attraverso la contenzione fisica.

Strategie di intervento
Per chi è affetto da ‘Wandering’, il bisogno di un movimento perpetuo viene percepito di importanza primaria rispetto alla fame ed alla sete, rendendo difficile la staticità e la concentrazione richiesta nell’assunzione del pasto, che può essere rifiutato.

Per sopperire al problema, si consiglia di non forzare l’ospite a mantenere una posizione statica, facendo scegliere lui se fermarsi e dove; se non volesse, è necessario accompagnare il paziente durante la sua camminata perpetua col piatto e col bicchiere, in modo che mangi e beva camminando, e la stessa cosa deve essere svolta nella carrozzina in movimento qualora non deambulasse. In linea generale si consiglia di proporre un piatto unico, di colore neurostimolante che possegga la portata in piccole porzioni, cosicché la sensazione sia quella di poter saziare il senso di fame sacrificando il minimo tempo al vagabondare; il pasto va proposto più volte al giorno quando lo rifiuta, offrendo svariati “spuntini” con la maggior frequenza possibile e scegliendo le pietanze più gradite dall’ospite per stimolarne il consumo.

Accanto a queste accortezze è cosa ottimale l’attivazione dei Neuroni Specchio per imitazione se il gesto di portare il cibo alla bocca non risultasse spontaneo, e soprattutto la costruzione di uno spazio ispirato alla “Stanza Snoezelen”, vale a dire un setting strutturato nelle proprie componenti ambientali atto a creare focus di attenzione e suggestioni attraenti con sollecitazioni sensoriali, che hanno l’obiettivo di trasferire/soddisfare in esse il “movimento di wandering” (esempio sono la proiezione di sequenze audio-visive quali il fuoco del camino, l’acquario con pesci, un cilindro di bolle o una spirale conica e la simulazione di un vagone di un treno in movimento) e di creare momenti di concentrazione.