L’ictus e la disfagia

Quando una persona è colpita da un ictus, tra le possibili conseguenze vi è anche la disfagia, problematica che coinvolge molti pazienti, legata a una disfunzione nella deglutizione.

La disfagia è presente nei pazienti con ictus in percentuale variabile tra il 13%, nel caso di lesione unilaterale, e il 71%, nel caso di lesioni bilaterali o del tronco encefalico. E oltre il 20% dei casi di infarto lacunare porta tra i suoi effetti anche la disfagia. Rispetto alle lesioni emisferiche, generalmente l’ictus a carico del tronco encefalico è con maggiore frequenza associato a una disfagia più grave.

Nel caso del paziente che ha subito un ictus, la disfagia può avere conseguenze negative sulla gestione della fase acuta post-ictus, sui tempi di degenza e sull’esito delle cure. Durante i pasti nel paziente disfagico si possono infatti verificare spiacevoli inconvenienti, a volte pericolosi, che vanno dalla fuoriuscita di saliva e cibo dalla bocca, alla tosse, al soffocamento. Il pasto diviene quindi un momento delicato anche dal punto di vista psicologico: proprio per evitare situazioni imbarazzanti, il paziente può affrettare i pasti o arrivare ad evitarli, con conseguente malnutrizione.

I dati dello studio “Routine oral nutritional supplementation for stroke patients in hospital: a multicenter randomised controlled trial” (The FOOD Trial Collaboration, 2005), dimostrano che esiste una significativa differenza per la condizione di disabilità grave e/o mortalità a 6 mesi tra coloro che all’ingresso in ospedale sono sovrappeso o malnutriti (17% contro il 37%). Cibi e liquidi possono passare attraverso la faringe in maniera impropria e penetrare le vie aeree, provocando l’aspirazione di materiale estraneo con la possibilità di portare a una broncopneumopatia ab ingestis.

I sintomi dell’aspirazione sono tosse, febbre intermittente e polmonite. La metà dei pazienti disfagici ha episodi di aspirazione, mentre il 30% sviluppa una polmonite ab ingestis. Le malattie polmonari possono poi portare a perdita di peso, cachessia e disidratazione, divenendo così una potenziale causa di morte o di invalidità. La polmonite da aspirazione causa il 20% dei decessi tra i pazienti colpiti da ictus nel primo anno e il 10-15% dei decessi per ogni anno seguente (Perry L, Love CP, “Screening for dysphagia and aspiration in acute stroke: a systematic review”, Dysphagia, 16 (1), 7-18, 2001).

Le caratteristiche cliniche che indicano la possibile presenza di disturbi della deglutizione sono:

  • gravità dell’ictus (ridotto livello di coscienza, deficit motorio grave, disfasia, neglect ed emianopsia)
  • età avanzata del paziente
  • stato confusionale
  • deficit del VII nervo cranico
  • difficoltà o incapacità di produrre una tosse volontaria, voce umida o gorgogliante dopo la deglutizione
  • segni di infezione polmonare
  • ridotta sensibilità faringea
  • disfonia
  • disartria
  • difficoltà a muovere la lingua e a chiudere le labbra

La combinazione e la gravità dei sintomi che caratterizzano la disfagia richiedono modifiche della gestione infermieristica e della dieta sin dal momento del ricovero. La valutazione della disfagia assume quindi i caratteri di una pratica infermieristica molto delicata e decisiva al fine di impostare una dieta adeguata, addestrare il paziente e il caregiver sugli accorgimenti posturali da tenere e avviare una precoce riabilitazione. 

 

Fonte: La valutazione della disfagia nell’ictus acuto: analisi del grado di accordo tra infermieri – Centro Ictus Ospedale Beato Giacomo Villa, Città della Pieve (Perugia)   http://www.ipasvi.it/ecm/rivista-linfermiere/rivista-linfermiere-page-1-articolo-2.htm